La grande fuga è leitmotiv della generazione di
imprenditori e lavoratori costretti a fuggire da un’Italia madre e matrigna.
Come nel film interpretato da Steve McQueen, gli italiani scappano dal Bel
Paese come i prigionieri del famoso film di John Sturges del 1963 dai campi di
concentramento tedeschi della Seconda guerra mondiale. La corruzione politica, l’approvazione
dei bilanci dello Stato senza l’opportuna copertura, la burocrazia lenta e
costosa, la giustizia miope e inefficiente e una speculazione bancaria e
finanziaria, diretta conseguenza di una commistione insanabile fra politica e
poteri forti dello Stato, hanno immobilizzato il ceto medio della società;
azzerato le risorse dei piccoli risparmiatori; demotivato e indebolito la
piccola impresa e intaccato gravemente la fiducia dei cittadini verso le
istituzioni dello Stato.
Continuare a spalare fango in questa palude
tricolore è ormai inutile e pericoloso per il rischio di esserne sommersi. Scappare
da una situazione sempre più critica e minacciosa per il futuro di molti
italiani è ormai l’istinto primordiale di chiunque si appresti a spalancare le
finestre della sua abitazione ogni mattina. Sempre che una casa ancora ce l’abbia,
perché, fra il disastro della riforma del Lavoro a firma di Elsa Fornero che si
è consumata nella solenne austerità europeizzata del governo Monti e lo spettro
della crisi globale che ha spinto le imprese a chiudere i battenti e quindi a
licenziare, molte famiglie sono state fagocitate dalle banche per
l’impossibilità di onorare il credito del mutuo che avevano sottoscritto per la
loro prima casa. Si
commenta da solo l'effetto dei Professori, che miscelano teoria e interessi
personali, senza tener conto del fatto che è assurdo e criminale adottare delle
riforme così rigorose in un momento in cui anche un bambino capirebbe che si
aggraverebbe la situazione.
In Italia, per un imprenditore che voglia
riscuotere il proprio credito da un cattivo debitore (che sia lo Stato o il
privato) l’impresa è assai difficile se non impossibile. Alla beffa del mancato
incasso dopo il servizio erogato, vi è una burocrazia assurda e leggi
inadeguate che, invece di garantire la parte lesa, sempre più spesso finiscono
per punire e aggravare la situazione già critica dell’imprenditore di turno. Chi
si espone al rischio di intraprendere un’azione giudiziaria per decreto ingiuntivo
nei confronti del debitore, deve sapere che oltre ai costi per istruire la
pratica legale, dovrà mettere in conto la beffa per cui l’agenzia delle Entrate
pretende il versamento sul saldo della fattura emessa e non incassata, della
tassa sull’Ires e Irap! Una pretesa incostituzionale se consideriamo che lo
Stato esige il pagamento delle tasse anche su incassi mai avvenuti e di cui non
si può garantire il suo incasso, proprio per le gravi e inammissibili
lungaggini della giustizia italiana.
La concorrenza sui mercati nazionali da parte
di aziende di origine extraeuropee, facilitata da regole inadeguate e accordi
internazionali discutibili, ha messo in ginocchio l’economia produttiva
dell’artigianato di casa nostra e di quelle aziende che potevano vantare una
tradizione centenaria nell’ambito di prodotti di largo consumo. Colpa di una
globalizzazione indiscriminata che i nostri governi non hanno saputo e non
hanno voluto gestire nell’interesse di una sovranità nazionale, tradita e
mortificata da visioni demagogiche di una politica sempre più affarista. L’illusione
ormai sbiadita di un’Europa unita ed efficiente si riflette nella crisi che attanaglia
molti paesi della piattaforma Ue. Una crisi, quella della moneta unica che
circola impietosa nell’ambito di paesi con realtà strutturali diversissime fra
loro, che mostra il suo lato peggiore nei confronti di quelle nazioni che
continuano a subire i diktat
franco-tedesco in un esercizio al massacro che alimenta la disgregazione politica
e diseguaglianza fra i cittadini dell’area Europa.
Una
fantomatica Europa che allunga i suoi tentacoli anche sull’economia nazionale,
imponendo ipotetici “patti di stabilità” che di fatto generano situazioni instabili
e pericolose per l’efficienza nazionale. Molti comuni italiani sono in riserva
di ossigeno, al punto che il taglio dei finanziamenti dello Stato, proprio per
fronteggiare quell’accordo europeo del 1997 (Psc), patto di stabilità e
crescita, nell’ottica di politiche di bilancio disattese e improponibili, ha
costretto molte giunte comunali a fare cassa proprio sui cittadini, troppo
spesso attraverso esose sanzioni comminate agli automobilisti locali. In questa
meschina hit parade c’è Milano che, grazie alle multe intascate dagli automobilisti
(già tartassati dal rialzo dei prezzi dei carburanti e delle polizze
assicurative), può vantare un incasso di 2.491.000 euro! Di questi, il 25%
dovrebbe essere reinvestito nella manutenzione stradale e nella messa in
sicurezza delle strade. Sarà vero?
E
intanto la grande fuga delle imprese italiane accelera. In testa a questo
piccolo plotone di instancabili “valorosi” c’è la Brianza, il Piemonte e
l’Emilia Romagna. Essere imprenditori in una nazione come la Svizzera è assai
più facile che in Italia: si può aprire una nuova azienda in un’ora di tempo!
Il peso fiscale è circa la metà di quello che grava sulla teste degli
imprenditori italiani, e il pagamento delle fatture prevede un tempo massimo di
30 giorni e la flessibilità del lavoro, sia in uscita che in entrata, è
garantita e non certo virtuale e articolata come nel Bel Paese. Gli ultimi
rapporti sullo stato sociale sono allarmanti: quello stilato dall’economista
Pizzuti ci indica che il 70% dei flussi finanziari provenienti dai fondi
pensioni va all’estero, e solo una parte del restante viene investito in azioni
nelle imprese italiane.
La
politica nazionale, dunque, non assolve al suo dovere. Per dirla con una
battuta che molti appassionati di motori apprezzeranno, finché la politica “national
championship” avrà budget miliardari, molti si guarderanno bene dal vestire la
stessa toga o di consumare i polsini su una cattedra universitaria, per
indossare, invece, casco e tuta e buttarsi in "pista" pur di fare
numero, in un campionato per dinosauri incalliti, dove tutto è lecito perché le
regole del gioco si cambiano con la stessa disinvoltura con la quale si gettano
in lavatrice le mutande sporche...
Massimo
Manfregola
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