venerdì 13 dicembre 2013

DRONI, ARRIVA LA REGOLAMENTAZIONE DELL'ENAC SUI VOLI APR, IN UN LABIRINDO DI CERTIFICAZIONI, AUTORIZZAZIONI E BREVETTI (A PAGAMENTO). UN MODO PER LIMITARE LO SVILUPPO DI UNA NUOVA ATTIVITA' PRODUTTIVA CHE IN ITALIA POTREBBE APRIRE NUOVI ORIZZONTI PROFESSIONALI NEL MONDO DEL LAVORO


L'Enac, Ente Nazionale per l'Aviazione Civile, varerà lunedì una regolamentazione per il volo dei droni a pilotaggio remoto, ossia senza pilota a bordo, classificati con l’acronimo Apr. La soglia massima relativa all'altezza di volo pare sarà fissata a 150 metri di altezza (anche se in un precedente documento il limite era stato fissato a 70 metri) per qui velivoli con un peso sotto ai 20 chilogrammi; vale a dire tutti quei modelli che oggi hanno raggiunto una grandissima diffusione anche sul nostro mercato nazionale.

Si tratta di aeromobili a propulsione elettrica, a quattro, sei e a otto motori, che vengono venduti e assemblati con la finalità di impiego ad indirizzo fotografico e per le riprese aeree, oltre che per usi specifici nel monitoraggio del territorio e della security. Il compromesso più difficile da gestire, anche da parte dell’Enac, è quello di riuscire a classificare e quindi a regolamentarne l’uso, anche per quei velivoli o droni ufficialmente venduti come “giocattoli” con tanto di dealer per la commercializzazione in tutta Europa e negli Usa. La questione è dunque complessa, anche in virtù della sofisticazione di queste piccole macchine volanti ad altissima tecnologia, capaci di essere programmate anche per voli con mappatura a gestione automatica con l’ausilio di un sistema gps, che permette a queste macchine, in caso di avaria, l’atterraggio automatico, individuando il punto esatto di partenza dopo averlo registrato nei suoi parametri di volo.

Per quanto possa sembrare, la regolamentazione è assai complessa, in quanto deve integrare tutte quelle condizioni di sicurezza relativi al volo, secondo un quadro di riferimento internazionale che va ancora delineandosi, secondo requisiti e criteri che necessiteranno un allineamento con quelli che sono gli assetti regolamentari internazionali nel campo dei velivoli Apr. La sua applicabilità è finalizzata ai sensi del Regolamento del parlamento europeo e del Consiglio (Ce) N°216/2008.

Proprio per questa complessità nel decifrare quelle che sono le applicazioni regolamentari in base alle applicazioni specifiche del drone, si sollevano naturali interrogativi su come gestire una normativa che, a primo impatto, sembra fin troppo sproporzionata rispetto al reale utilizzo del velivolo. Infatti, per un piccolo drone del peso fino a 2 kg, l’Enac prevede sì dei requisiti semplificati rispetto a quelli previsti per i velivoli fino a 20 kg di peso, ma pur sempre l’acquisizione di una serie di autorizzazioni complesse sia nel caso di “operazioni specializzate in spazi aerei segregati o controllati” che in quelle che trattano “attività di volo sperimentale in spazi aerei segregati”.

Inoltre, per questo tipo di droni Apr, l’attività di volo è consentita solo in condizioni di Vlos (Visual Line of Sight), ossia di volo a vista senza dispositivi Fpv, quindi senza l’ausilio di un monitor con ricevitore di immagini. Per le autorizzazioni di rito, al pilota è richiesta una certificazione sull’attestazione di competenze relative ad un addestramento adeguato per il tipo di Apr e una relativa licenza di pilotaggio ed aver raggiunto la maggiore età. Inoltre, la dichiarazione di stipula di un’assicurazione per la copertura della responsabilità civile, che molte compagnie assicuratrici non riconoscono!

Bisognerà quindi acquisire una sorta di «brevetto di volo» per poter utilizzare i droni attualmente in libera vendita. E qui nasce l’equivoco. Come tutte le iniziative legislative italiane, che apparentemente tutelano e regolano il corretto funzionamento di quelli che sono i nuovi sistemi hi-tech della tecnologia moderna per l'applicazione civile, in questo caso il volo con droni Apr, non esiste un coordinamento chiaro in grado di assecondare anche le richieste a tutela di tutte quelle aziende che già utilizzano questi sistemi per motivi lavorativi (con le dovute precauzioni per la sicurezza), e quindi garantiscono fatturato in un momento così critico per l'economia nazionale.

Sul sito dell'Enac, da canto suo, non vi è traccia di nessuna bozza relativa ad una regolamentazione specifica sui “droni” nell’abito del volo sul territorio nazionale. Per trovare qualcosa relativa ad una sorta di bozza di regolamento relativo a questi dispositivi, abbiamo dovuto spulciare nelle “normative” contenute nel sito (http://www.enac.gov.it/La_Normativa/Normativa_Enac/Consultazione_Normativa/info-905363687.html).

Un dettaglio, quest'ultimo, non da poco, visto che molti società e privati hanno effettuato significativi investimenti in questo settore, pur di trovare nuove alternative ad un mercato ormai saturo e in grande crisi.

Cosa accadrà allora per i possessori dei droni e per quelle aziende che hanno già pianificato accordi e contratti per la gestione di servizi alle aziende e sul territorio? Visti i problemi economici del Paese, è facile pensare che quest'ultima trovata (giusta per molti versi) possa nascondere però una serie di percorso ad ostacoli e quindi una serie di autorizzazioni a pagamento che finirebbero per porre una barriera insormontabile allo sviluppo di nuovi settori nell'ambito del lavoro. Quanto peserà economicamente e a livello burocratico tutta questa normativa per chi si appresta ad un volo con un drone, magari per una serie di fotografie aeree? Non sarebbe meglio fare un distinguo più netto fra regolamentazione aeronautica commerciale e quella relativa al volo di un piccolo velivolo elettrico di appena 2 chilogrammi di peso?  

Massimo Manfregola

http://youtu.be/21zBQgjOcqQ

giovedì 5 dicembre 2013

LA CORTE COSTITUZIONALE CENSURA IL PORCELLUM, LA SUA ATTUALE LEGGE ELETTORALE, E DICHIARA IL GOVERNO INCOSTITUZIONALE. FRA GRAVI ANOMALIE E UNA DEMOCRAZIA IN RISERVA DI OSSIGENO, LA POLITICA NON DEMORDE E CONTINUA LA SUA MARCIA LETALE


Da questo momento è ufficiale: questo governo e persino l’elezione del presidente della Repubblica sono riconosciuti incostituzionali. Vale a dire che il sistema, con il quale si è giunti alle elezioni delle principali cariche dello stato, sarebbe antidemocratico. O meglio, non garantisce quelle norme di democrazia popolare sancite dalla nostra Costituzione. Il verdetto giunge dai giudici della Consulta, relativamente al “Porcellum”, ossia la legge numero 270 del 21 dicembre 2005 dell’allora ministro delle Riforme Roberto Calderoli, che modificava la precedente legge (276 e 277) del 1993 del “Mattarellum”, introducendo un sistema elettorale radicalmente diverso, che abrogava il proporzionale per il maggioritario.

Se con il “Mattarellum” l’elettore poteva esprimere la sua preferenza con due schede, una per la camera dei Deputati e l’altra per il Senato, con l’attuale “Porcellum”, invece, coloro che si apprestano al voto possono farlo solo per le liste dei candidati, senza avere la possibilità di indicare le preferenze. A differenza di quanto invece avviene per le elezioni europee, regionali e comunali. Con il “Porcellum”, sono quindi i partiti a scegliere il nome dei parlamentari e non certo gli elettori.

Parte da questo punto, dunque, quell’anomalia partorita e autogestita dagli stessi partiti per la formazione di quelli che sono i governi che si sono succeduti dall’entrata in vigore dell’ultima legge elettorale. Dal 4 dicembre 2013 la Corte costituzionale (detta anche Consulta) ha censurato l’attuale sistema elettorale del “Porcellum” - il cui nomignolo scaturisce da un’espressione ruspante dello stesso Calderoli, che la definì appunto «una porcata» - che prevede un premio di maggioranza sia per la Camera (dei Deputati) che al Senato, e che “blocca” le liste elettorali nella funzione in cui non consentono all’elettore di esprimere una preferenza.

Ritorno al futuro, dunque, anzi, al passato, vista l’esigenza di rifondare il vecchio sistema elettorale perché su quello attuale incombe il pesante fardello della incostituzionalità. Ma in un paese come l’Italia, dove la democrazia è ormai un optional e le leggi vengono riformate in funzione delle esigenze della politica e non certo nell’interesse dei cittadini, non è questa la sola grave anomalia del sistema governativo. Se la Corte dei Conti decidesse un giorno di indagare sul fatto che molti governi hanno approvato bilanci dello Stato senza l’opportuna copertura finanziaria, così come vuole la nostra Costituzione, saremmo in grado di capire il motivo di fondo per cui l’Italia ha accumulato un debito pubblico così preoccupante al punto da imporre tasse e balzelli da primato mondiale.

Siamo dunque un paese in piena recessione economica e in riserva di ossigeno. L’Italia vive (sopravvive) in uno stato di abusivismo democratico da quasi dieci anni, perpetrato da questa politica nazionale che è salita alla ribalta della cronaca per gli abusi di potere, per la corruzione dilagante, per l’incapacità di risolvere i problemi di un paese ormai martoriato e umiliato. Eppure nessuno dei nostri rappresentanti politici si sente fuori posto. Nessuno ha mai mostrato nessuna forma di imbarazzo di fronte ad una situazione che in altri paesi avrebbe provocato a dir poco scompiglio fra gli esponenti politici di un contesto civile e democratico.

Attaccati alle loro poltrone come fa un polpo con i suoi tentacoli allo scoglio, i nostri rappresentanti della politica e delle istituzioni hanno edificato la loro roccaforte su una poltrona dorata, pagata profumatamente dai contribuenti, a totale sprègio per le regole del buon senso e della stessa Costituzione.

Cosa succede a questo punto? L’attuale governo Letta dovrebbe prendere in seria considerazione il monito sulla sentenza della Consulta e avviare le consultazioni per avviare le procedure per una nuova legge elettorale che possa consentire di andare al voto e ristabilire il regime di democrazia e di costituzionalità. Ma nessun rappresentante di questo governo delle intese tradite (ai danni del popolo e degli elettori) ha in mente di “autocensurarsi” e quindi fare in modo da lasciare al volere del popolo il destino di un nuovo governo eletto democraticamente. I tempi per una nuova legge elettorale – che tutti i partiti di questo governo si erano detti pronti a mettere in agenda – si allungheranno inevitabilmente fino al semestre italiano di presidenza Ue, motivo per cui Letta e company si sono assicurati il loro scranno almeno fino alla fine del 2014!

Intanto questo governo ha appena ottenuto la Fiducia per rinnovare le «Missioni di Pace» italiane per altri 265 milioni di euro per i prossimi tre mesi, quando in Italia si continua a morire per la mancanza della messa in sicurezza del territorio nazionale, devastato da un pericoloso dissesto idrogeologico, frutto di abusi edilizi, mazzette e di facili concessioni. L’Italia è questa!

Massimo Manfregola